Orcia Wine Festival, la Doc Toscana fra antiche acque e vini moderni

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Vini Orcia DOC

Un consorzio nato nel 2000, passato in rassegna nelle sue Doc migliori durante il ponte della Liberazione. 25 aprile all’insegna del vino toscano, in particolar modo dedicato all’eccellenza della perla forse più immacolata ed incontaminata di tutta la regione. La Val d’Orcia è questo, un mix di paesaggi, di terme e vigneti – ossia di ‘antiche acque e vini moderni’ come recita appunto lo slogan scelto per questa edizione di Orcia Wine Festival dal Comune di San Quirico d’Orcia, in collaborazione con Onav Siena.

Assaggiatori, tecnici del settore, enologi, giornalisti e puri appassionati, tutti uniti per degustare da vicino i rossi prodotti in una terra compresa fra due mostri sacri del vino italiano, Montepulciano e Montalcino. Da una parte il Nobile, dall’altra il Brunello. Vittima casuale della concomitanza geografica con questi due baluardi della produzione vitivinicola nazionale e mondiale, l’Orcia rosso ha raggiunto la Doc alcuni anni fa, dall’unione delle cantine di un territorio vasto e molto vario, che va da Radicofani a sud fino alla valle del torrente Orcia, a nord, estremo confine con l’area di Siena.

Di grande interesse l’escursione con visita guidata alla cantina Poggio Grande, fra le tante della zona presenti anche alla mostra mercato allestita all’interno del Comune di San Quirico. Fra le colline di Castiglion d’Orcia e San Quirico, appunto, sorge la tenuta del signor Luca Zamperini – presente anche nella guida dei vini Slow Wine. Assaggi di Orcia rosso Doc prodotto con uve locali di Sangiovese, talvolta al 100 % e talaltra misto a Cabernet e Merlot. Ad accogliere i visitatori il padrone di casa, che con la figlia ha deciso di portare avanti la tradizione di famiglia coltivando la vite in un terreno di circa 40 ettari, dove viene prodotto anche un eccellente olio d’oliva. San Quirico e dintorni sono anche un brand dell’olivicoltura infatti, celebrata a dicembre con assaggi e bruschette. Ma non dimentichiamo il vino, accompagnato da un piacevole tagliere di formaggi stagionati locali, il pecorino di Pienza, la cinta senese ed altri salumi della valle. Apre le danze lo Scorbutico, rosso frutto di una perfetta unione di uve 70 % Sangiovese, 25 % Merlot e 5 % Cabernet. Vitigni autoctoni uniti a quelli degli odiati cugini francesi. Anche nel bianco quest’azienda è riuscita a produrre una interessante mescolanza di uve francesi, per ottenere il Tagete.

Ma la Toscana è prevalentemente area di rossi, per di più molto corposi e dal sapore intenso e persistente al palato. Cucina e gastronomia senese hanno come ovvio abbinamento i vini della Val d’Orcia, se non il più celebre Brunello di Montalcino che ha appena ricordato il 50 anni della sua Docg. Terra di sorgenti termali, con Chianciano e Bagno Vignoni, dove sorge la vasca urbana più antica d’Italia e risalente addirittura agli Etruschi; ma al tempo stesso terra di vino, con chilometri e chilometri di filari che disegnano il profilo delle dolci colline alternandosi ai cipressi. Val d’Orcia vuol dire per tali motivi patrimonio dell’umanità, con l’UNESCO che ha scelto di tutelarne le bellezze ancora immacolate per l’enorme pregio naturalistico ed artistico. Il terroir per la maggior parte calcareo, in rari casi argilloso, determina il particolare gusto del vino assaggiato durante il festival dell’Orcia. Alcuni dei rossi serviti durante le degustazioni guidate a cura di Onav Siena, peraltro, assumono un certo livello di morbidezza, poco tannici ma con note floreali e speziate a seconda dell’età del vino. Invecchiamento in barrique o in botti di legno esclusivamente francese, ma anche tecniche di vinificazione separata tra le più spigolose uve di Sangiovese e quelle più dolci del Fogliatonda o dei francesi Merlot, Cabernet, o addirittura dell’antichissimo Syrah d’origini persiane. Sono questi alcuni fra i segreti dei vignaioli dell’Orcia, tali da offrire un vino piacevole sia all’olfatto che al gusto. Senza dimenticarne i colori violacei o tendenti al rubino nei casi dei vini giovani, così come al granato nei rossi più invecchiati.

Da Trequanda a Montalcino, dalle terre dell’Asso a Pienza, un territorio così vale davvero una grande Doc, frutto dell’insieme di tante piccole Igt e che forse, a detta di alcuni produttori, avrebbero meglio tutelato l’integrità del vino d’Orcia dalle imitazioni esistenti sul mercato. Integrità e purezza tali da valere all’Orcia Doc l’altisonante definizione di “Vino più bello del mondo” (cit.) – come chiamato da un’altra protagonista dell’evento, Donatella Cinelli Colombini, dell’azienda omonima con sede in Trequanda.

Vini Poggio Grande Toscana

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