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18 Gennaio 2025

Vino: negli USA faticano i consumi tradizionali ma si fanno largo i wine cocktail

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Fabio Italiano
Fabio Italiano
Classe 1968, nato e cresciuto nella cantina del ristorante di famiglia, ho avuto il privilegio di conoscere i migliori vini del mondo grazie a mio padre. Tra le mie mani ho visto passare il meglio della produzione vinicola italiana e francese: dal Sassicaia (allora ancora semplice Vino da Tavola) ai vari cru di Barbaresco di Angelo Gaja, fino ai super famosi Château Margaux, Château Lafite Rothschild, Petrus, solo per nominarne alcuni. Tra un servizio ai tavoli e l’altro, ho anche trovato il tempo per laurearmi in Ingegneria presso l’Università degli Studi di Palermo. Il 23-11-1998, giorno del mio 30esimo compleanno, mi trasferisco in Olanda per amore, dove ancora oggi vivo con mia moglie e i miei due figli. Bereilvino.it è il mio hobby e non mi ritengo un esperto di vino ma solo un appassionato!

Scendono, per la prima volta dal 2020, i consumi di vino negli Stati Uniti; salgono quelli relativi ai wine cocktail. Nel primo mercato al mondo il vino sfrutta la propria versatilità per uscire dalla crisi dei consumi (-7,3% nei primi 6 mesi di quest’anno) e rientrare da protagonista grazie a una tendenza cocktail di ready to drink a base enoica sempre più affermata, in particolare nel fuori casa. Nel primo semestre di quest’anno – secondo l’Osservatorio Uiv su base SipSource, strumento di monitoraggio delle depletion off e on-premise, che copre il 75% del mercato americano, per un totale di oltre 330.000 esercizi commerciali – i wine cocktail, in questo caso inquadrati nella tipologia premixata, sono infatti l’unica voce positiva legata al vino, con una crescita tendenziale complessiva di oltre il 3% e con punte del +7% nel fuori casa, a partire dai ristoranti (+1,2%) ma soprattutto bar e altri locali, dove l’incremento registrato è in doppia cifra.

“Il fenomeno mixology – ha detto il presidente Agivi (l’Associazione giovani di Unione italiana vini), Marzia Varvaglione – è sempre più evidente nel Paese antesignano delle tendenze globali. Il vino in questo contesto può giocare un ruolo centrale, per questo serve un approccio “pop” e inclusivo nei confronti di una categoria del lifestyle che interessa soprattutto i giovani, quelli che domani apprezzeranno il nostro prodotto per le sue caratteristiche più intrinseche”.

Secondo l’Osservatorio Uiv, a perdere quota in un anno difficile anche a causa del minor potere di acquisto sono soprattutto i consumi complessivi di vino in casa (-8,2%), con i rossi a -9,6%. Meno marcata la decrescita nel fuori casa (-0,9%), dove i consumi di vini bianchi hanno ormai raggiunto quelli dei rossi. La quota di mercato dei ready to drink a base di vino è ancora bassa (circa il 2%), ma è solo la punta dell’iceberg di una domanda on trade sempre più orientata verso i wine cocktail mixati nei locali e basati principalmente su Champagne, Prosecco e Asti Spumante.

A base di vino, birra e spirits, i cocktail ready to drink – imbottigliati e pronti al consumo – conquistano consumatori alla ricerca di aromi e sapori di tendenza, freschi e fruttati. Stando agli ultimi dati Nielsen IQ, nell’ultimo anno negli Usa le vendite di prodotti “Ready to” hanno superato i 10 miliardi di dollari e continuano a raggiungere nuovi massimi anno dopo anno.

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