Vitigno Italia. Falanghina Sannio Doc, il bianco eclettico Città europea del Vino

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Vini Falanghina

Non poteva mancare, trattandosi di Napoli, una parentesi legata all’orgoglio enologico campano. Direttamente dalla Città europea del Vino neo insignita da Recevin, ecco il Sannio dei cinque comuni della Doc Falanghina, a ridosso del Monte Taburno e della valle telesina, per un totale di circa 7 milioni di bottiglie. A queste vanno ad aggiungersene altrettante provenienti dalla Igt Beneventano Falanghina, per un complessivo di 12 milioni in commercio, fra Italia e resto del mondo. Da cinque ad un’unica Doc, quella di oggi, pur restandone sottozone come Solopaca, Guardia Sanframondi ecc.

Il seminario degustazione a cura di Scuola europea Sommelier, nel corso della prima giornata di Vitigno Italia a Castel dell’Ovo, ha celebrato con sei prodotti diversi la straordinaria varietà di bianco che – come ribadito dal giornalista Luciano Pignataro – rappresenta uno dei componenti del tridente campano dei vitigni a bacca bianca, assieme alle Docg Greco di Tufo e Fiano d’Avellino. Uva in graduale diffusione anche oltre Sannio, fra Daunia e Molise.

Assieme al presidente di Scuola Europea Sommelier Italia Francesco Continisio ed al collega giornalista di settore Daniele Cernilli, la degustazione guidata da Pignataro (il Mattino) ha attraversato l’ampio ed eclettico universo del vitigno Falanghina. In assaggio cinque bianchi fermi ed uno spumante. Apertura proprio all’insegna delle bollicine, che con la Falanghina sannita vanno a nozze. Ampio perlage e fresco aroma fruttato per la versione brut di Rossovermiglio, unica rappresentanza fra le sei proveniente dal versante orientale del Sannio, Paduli (BN).

Lo spumante extradry “Frenesia” apre la bocca ai seguenti assaggi, creando una piacevole – per la vista – scala di colore. Dorato è infatti il Fois, la Falanghina Doc 2018 di Cautiero (Frasso Telesino) a seguire; verdolino con tendenze al classico aroma crosta di pane è invece la versione biologica portata in sala degustazione da Masseria Vigne Vecchie (Solopaca) con “Secutor” 2018. Primo tris in perfetta ascendenza di sapori e sfumature, a dimostrazione dell’eclettismo che il vitigno autoctono sannita esprime a seconda delle lavorazioni in azienda, a differenza della vicina Falanghina più costiera dei Campi Flegrei e del Falerno del Massico bianco.

Il sestetto si completa con ben due rappresentanze del Taburno, entrambe 2018: la prima da Azienda agricola Nifo Sarrapochiello (Ponte) e la seconda da Cantine Iannella (Torrecuso), con una buona e piacevole vivacità percettibile dal primo assaggio, sfumature dal paglierino al dorato scarico; infine, anche se assaggiata per quinta, la Falanghina Doc 2018 de La Fortezza, sempre da Torrecuso, alle pendici del Monte Taburno, che presenta invece buona sapidità, ideale con piatti di mare o carni bianche, ciò che forse maggiormente caratterizza il vitigno in questione. Sei vini per un’unica zona geografica, varia ma compatta. Capace di fare rete e tale pertanto da meritarsi lo scettro di Città del Vino a livello europeo, riportando così l’ambito titolo in Italia dopo la parentesi portoghese.

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