Territorio: Il futuro ha un cuore antico

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Come ormai anche i giornali, le riviste a larga diffusione e i programmi televisivi vanno ripetendo da tempo, la parola “crisi” ha un’origine molto antica. Deriva infatti dal termine greco classico κρίσις, che indicava tradizionalmente il “giudizio”, la “sentenza”, la “decisione”. Se ci pensiamo, questo è vero anche oggi, in ogni momento di crisi di qualsiasi tipo: che, infatti, automaticamente si trasforma in un momento di presa di consapevolezza, in un’analisi dei discrimini rilevanti, in un vero e proprio tempo delle scelte.

E il tempo di scegliere è venuto anche per il mondo del vino, che la recente, durissima congiuntura internazionale ha messo di fronte a decisioni sempre più importanti e sempre meno procrastinabili. Siamo di fronte cioè a modifiche nei modelli di acquisto e di consumo che avranno verosimilmente un impatto durevole su tutte le produzioni nazionali, e su tutti gli anelli della filiera vitivinicola. E ciò, probabilmente, anche per i grandi Paesi produttori “storici” come l’Italia. Ciò implicherà una concorrenza crescente da parte di altre macro-aree produttive del mondo, che si presenteranno anche da noi con prodotti fortemente standardizzati e molto aggressivi nel rapporto qualità/prezzo. Ciò comporterà anche una ri-canalizzazione degli acquisti, che potranno privilegiare di più i canali mass market a discapito dei tradizionali punti vendita per il consumo fuori casa (ristoranti, bar, ecc.).

Se gli scenari di cambiamento saranno di questo tipo e di queste dimensioni, le nostre produzioni tipiche dovranno trovare un posizionamento sempre più preciso e sempre più efficace nel gioco competitivo globale. In particolare, molti addetti ai lavori stanno convergendo da tempo sul concetto differenziante di “territorio”: un concetto multiforme, straordinariamente ricco di storicità e di implicazioni e incredibilmente versatile nella formulazione dei prodotti e nella loro attività di comunicazione e di promozione.

Da questo punto di vista, mutuando il titolo di un vecchio libro di Carlo Levi, potremmo dire che il futuro ha un cuore antico. Il futuro della valorizzazione dei nostri territori, infatti, non è altro che il ritorno alle nostre radici antiche: ai tempi dell’impero romano, ad esempio, i vini erano conosciuti e celebrati come ambasciatori dei loro territori, e non certo dei loro vitigni di provenienza. Un altro esempio? Il nuovo logo della Cantina La Vis si richiama a un vino antichissimo – il retico – che già migliaia di anni fa recava nel nome il suo luogo d’origine…

Possiamo pensare che il futuro dei nostri vini punterà sempre più sulla valorizzazione del territorio? Questo indubbiamente ci differenzierebbe e ci porrebbe in posizione privilegiata rispetto a molti altri Paesi del mondo. Un esempio da manuale, a questo riguardo, è quello del Müller Thurgau trentino, che ha saputo costruire in tempi relativamente brevi una autentico, efficacissimo sistema – territorio. E la Valle di Cembra, cuore pulsante e verdissimo di questo sistema, ha tratto impulso e ha letteralmente riplasmato il suo panorama viticolo grazie all’impegno, in primis, di due testimonial d’eccezione della cultura del territorio: le cantine di Lavis e di Cembra. Due realtà che da sempre hanno creduto e hanno tradotto in pratica in mille modi – un esempio fra tutti: il pionieristico progetto–zonazione – i dettami antichi, ma oggi straordinariamente innovativi, della valorizzazione territoriale.

Basteranno queste carte per giocare la grande partita mondiale del vino del futuro? La partita è importante, e a nostro avviso andrà giocata con convinzione e determinazione; e le carte, pensiamo, sono eccellenti, e andranno messe sul tavolo presto e bene. Soprattutto presto: perché, oggi, chi va piano forse non va sano, e sicuramente non va lontano. – Piero Valdiserra –

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