Il Salento e i suoi vini in un libro

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Libro Pino De Luca

Per Canti e Cantine è una guida alla produzione vitivinicola salentina, ma anche un libro di fabulazioni. Ma innanzitutto l’autore. Leggiamo parte di una nota biografica che De Luca stesso ha scritto per “Cupertinum Doc. Il cuore del negroamaro”, il giornale che la Cupertinum, cantina di Copertino, pubblica in occasione del Vinitaly. “Pino De Luca, 56 anni, una moglie, due figlie e un cane. Docente di Informatica, dopo una vita vissuta avventurosamente intorno ai settantacinque chili per un metro e ottanta, scopre la felicità. La seconda vita è fatta di penna (e di bicchieri e stoviglie), racconta il territorio, le avventure in cucina e in cantina e lo studio dei sacri testi, cercando nell’etnogastronomia il rapporto tra i popoli e la loro alimentazione. Non considera il vino come una bevanda, un alimento e nemmeno una moda. Solo un grande e imperituro amore. Tifoso del negroamaro, del primitivo e della malvasia cerca di cogliere il distillato di natura e di sapienza che si racchiude nelle botti e nelle bottiglie, scrigni che conservano la storia di una terra e di un popolo. Più che esperto ama definirsi consapevole, cercando nel dettaglio e nella particolarità, il racconto di una produzione”. Pino collabora con diverse testate, tra cui Nuovo Quotidiano di Puglia.

Per raccontare il libro partiamo dalla dedica: “Ringrazio tutti coloro che con la fatica di ogni giorno tengono alta la vigna. Ultimi custodi di un territorio martoriato”, questa attenzione di De Luca al territorio e agli uomini che lo lavorano percorre tutto il libro, fino al racconto finale, una parabola molto bella su un viandante e l’insensibilità umana. I capitoli sono articoli, degli elzeviri, direi in maniera più appropriata, che Pino ha scritto nel corso del tempo sul Quotidiano di Puglia, parlano appunto di vini, territorio e musica, intrecciando piani ed evidenziando gli attraversamenti. Ogni capitolo è dedicato a un vino, a un’azienda e agli intrecci con una musica. Le aziende fanno parte delle province salentine di Brindisi, Lecce e Taranto, con una puntata in provincia di Bari, e quindi il libro è un ottimo vademecum enoico per conoscere il meglio di questi territori. Non starò a dire di descrizioni organolettiche, di vitigni, uvaggi, vinificazioni, e degli agganci vino-musica, per questo invito a leggere dal libro. Mi concentrerei invece su tre argomenti che emergono dal libro e che a De Luca stanno a cuore e sono: l’attenzione al territorio, la qualità e la sensibilità.

L’attenzione al territorio è senza rivendicazione identitaria chiusa su se stessa, ma al contrario è aperta alle contaminazioni positive, al confronto, al dialogo, al divenire. È un po’ come la storia della vite. La vite nel corso dei millenni ha viaggiato dalla mezzaluna fertile, la zona del Tigri e dell’Eufrate, dalla Georgia (queste le culle della vite e del vino, secondo gli storici), attraverso la Grecia, la Magna Grecia e attraverso l’impero romano si è diffusa in tutta Europa (dove il clima lo permette). Quando parliamo di vitigni autoctoni (come nel caso salentino del Negraomaro, del Primitivo, della Malvasia bianca e nera…), ossia quei vitigni ormai acclimatati e caratteristici di un territorio, dobbiamo sempre tenere presente questa profondità storica. I vitigni cosiddetti autoctoni non sono sempre esistiti su un determinato territorio, sono stati portati, si sono acclimatati, si sono modificati. La vite è quindi anche – oltre che autoctona – anche cosmopolita, nomade, un po’ come gli uomini, piaccia o meno ad alcuni.

Per De Luca l’attenzione al territorio è anche sensibilità sociale. La qualità dei vini (e dei prodotti della terra) e la qualità delle relazioni sociali che li presuppongono (rapporti di produzione, si potrebbe anche dire nelle culture di riferimento, che credo di avere in comune), la tracciabilità dei prodotti e dei prezzi, sono irrinunciabilmente collegate.

Pino ha inventato il neologismo e(t)nogastronomia, per rendere evidente la connessione tra i prodotti e la cultura del territorio e chi il territorio lo abita. Ma nel suo caso si potrebbe anche parlare di ecogastronomia, sociogastronomia, geopolitica della gastronomia e dell’alimentazione…

Infine la questione della percezione e della sensibilità. Il gusto, l’attenzione ai cibi e ai vini non sono cosa effimera e nemmeno sovrastrutturale sia per quello che abbiamo appena detto, sia perché se senso e sensibilità hanno la stessa etimologia, significa allora che la vita insensibile è una vita insensata, non afferisce solo alla perdita di senso del nostro agire ma anche all’affievolirsi della capacità sensitiva. Ecco allora che attraverso l’attenzione ai profumi, ai sapori, ai cibi, ai vini è possibile iniziare il risveglio della sensibilità più complessa.

De Luca con questo libro ci ricorda il commento di Roland Barthes alla “Fisiologia del gusto” di Brillat-Savarin: i cibi, e i vini, sono degli intercessori di conoscenza, Pino ha compreso chiaramente che, in quanto soggetto di discorso, il cibo è una specie di griglia, attraverso la quale si possono far passare tutte le scienze che noi oggi chiamiamo sociali ed umane… il cibo è per lui una specie di operatore universale del discorso. (marco tibaldi)

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