Tenuta Partemio: Intervista a Giovanni Dimastrogiovanni

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Preparazione, serietà, scrupolo, pignoleria, competenza, esperienza, sono caratteristiche che difficilmente si trovano riunite in un professionista giovane. Dopo un’incontro con l’enologo Giovanni Dimastrogiovanni, dal 2008 collaboratore della Tenuta Partemio, ci si convince che ciò è possibile. Giovanni snocciola dati specifici e particolari su vigneti, uve, mosti, elevazione dei vini, e nello stesso tempo spazia geograficamente in confronti tra tradizioni enologiche e territori regionali italiani in confronto ad altre terre vocate in Europa e nel mondo, sempre tenendo presente ricerca scientifica e innovazione. Insomma, un salentino planetario, che ama la sua terra e i suoi vini ma li confronta con il mondo.

Partiamo dai vini dell’azienda. Tu hai una formazione specifica sia agronomica sia enologica e quindi riesci a valutare complessivamente dalla vigna all’imbottigliamento tutte le fasi della produzione. Quali sono caratteristiche e peculiarità di questi vini?

Rileverei innanzitutto l’importanza e l’originalità del susumaniello, sia per le potenzialità di questo vitigno sia perché questa è la sua zona storica di produzione. In azienda abbiamo dei vigneti storici di quest’uva – con cui produciamo il Nomas – con piante anche di ottant’anni. Le particolarità del susumaniello sono: maturazione tardiva, infatti anche quest’anno abbiamo vendemmiato a metà ottobre; il colore, con tinte che tendono al violaceo; gli estratti e l’acidità, che in condizioni di produzione controllata per ettaro, con uno, due, massimo tre grappoli per pianta, possono dare degli estratti di grande interesse, che poi si traducono con una maggior durata nel tempo, maggior eleganza e piacevolezza. Per il Nomas facciamo una macerazione di 15-20 giorni e poi subito in barrique dove rimane 18-20 mesi o anche 24. Storicamente questa cultivar veniva intercalata in vigna con le piante di malvasia nera e negroamaro perché dava un’ulteriore acidità all’uvaggio. L’abbandono di quest’uva fu a causa della maturazione tardiva, che abbisogna di maggiori cure, infatti arrivare con grappoli sani a metà ottobre in queste zone non è facile, significa una giusta proporzione per ettaro, sfogliature, procedure di tipo agronomico accurate. Con una bassa resa per ettaro dà buoni estratti e, senza parlare mai in modo assoluto ma circostanziato al rigore produttivo, si può affermare che il susumaniello, nel caso specifico il nostro Nomas, può avere una longevità maggiore rispetto a primitivo e negroamaro, i dati e le osservazioni lasciano ben sperare, e sarà interessante tra dieci anni proporre una degustazione verticale per verificare questa potenzialità.

Le altre uve e gli altri vini?

Il primitivo e il negroamaro in questo territorio hanno note speziate particolari, sono più complessi. Il fiano tende nel tempo a tirar fuori mineralità interessante. Lo chardonnay assume note di frutta tropicale e buona struttura. L’aleatico è una varietà interessante, come tutte le uve per vini dolci è importante la parte finale della maturazione, ma anche il lavoro in pianta con l’appassimento naturale. Abbiamo ottime soddisfazioni se ci sono le condizioni climatiche perfette, un’attenta gestione delle chiome, un giusto carico per ceppo, sfogliature per far arieggiare il grappolo, e poi una macerazione a temperatura controllata di 15-20 giorni, per estrarre polifenoli e precursori che stanno nella buccia, che sono fondamentali essendo una varietà aromatica. L’ultima vendemmia è stata difficoltosa ma buona, ora vedremo l’evoluzione del vino, direi che finora la migliore espressione del nostro Remedia Amoris Aleatico l’abbiamo avuta con il 2007, che non a caso ha ricevuto molti riconoscimenti da Guide e Premi.

Le uve del Brindisi DOC (negroamaro in purezza) e del Salice DOC (negro amaro e percentuali di malvasia nera) vengono da vigneti ad alberello di oltre 20 anni di età, dagli unici due appezzamenti esterni alla Tenuta. Hanno un affinamento in barrique e sono impostati sul varietale e sull’aroma primario della varietà. Il negroamaro proveniente dalla zona di San Donaci possiede una maggiore rusticità, e si somma alle note fruttate che solitamente è una delle caratteristiche della denominazione Salice, invece nel Brindisi DOC il terreno dona aromi più dolci e speziati.

C’è qualche novità?

Sì, oltre a valorizzare ulteriormente in primo luogo due vini che già stanno entusiasmando critica ed esperti: il Nomas, da uve susumaniello, e il Remedia Amoris Aleatico rosso dolce, al Vinitaly presenteremo due vini importanti, il Foglio 32 Bianco, un bianco da chardonnay in purezza, e il Foglio 32 Rosso, costituito da un blend di negroamaro, susumaniello e primitivo. Anche per questi due nuovi vini si valorizza la tracciabilità, infatti nella mappatura aziendale, i vigneti che producono le uve destinate a questi vini sono classificati nel Foglio numero 32.

Ci racconti brevemente dei tuoi studi e delle tue esperienze?

Ho studiato all’istituto agrario di Lecce, e poi mi sono laureato in agraria all’Università di Firenze, in seguito ho frequentato la scuola di specializzazione post-laurea in viticoltura ed enologia presso l’Università di Torino, con pratiche di conduzione della Cantina dell’Istituto sperimentale di Alba, lezioni di chimica enologica con Di Stefano all’Istituto sperimentale di Asti, e laurea con il professor Mario Castino, con uno studio degli enzimi e tannini in enologia.

In quegli anni ho potuto conoscere tutte le zone vitivinicole piemontesi e le culture enologiche di quei vocalissimi territori, Barolo, Barbaresco, Langhe, Asti… ma sono state importanti anche brevi esperienze come le vendemmie in Abruzzo e in Friuli, dove nel ’95 prima della laurea iniziai a lavorare da Marco Felluga, in una delle aziende eccelse del Collio. Là sono rimasto fino al 2000 con belle soddisfazioni dal punto di vista personale e una grande esperienza da quello professionale. Ho avuto modo di visitare molte realtà friulane e slovene, iniziando così a confrontare importanti tradizioni enologiche italiane, Toscana, Piemonte, Friuli, in particolare, ma anche internazionali, infatti, oltre alla Slovenia ho visitato più volte la Francia, la Spagna, l’Argentina, il Cile, la California, il Brasile, che ha una zona vitivinicola poco conosciuta ma interessante, la Grecia.

Con chi hai collaborato nelle tue esperienze lavorative?

Da Felluga quando iniziai c’era una mezza consulenza di Tachis, ma poi mi affidarono in toto le responsabilità della conduzione enologica, sia della Marco Felluga sia del gioiello aziendale Russiz Superiore. Ho ricordi stupendi e ho ancora buonissimi rapporti con Marco e soprattutto con la figlia Patrizia, che conduce l’azienda Zuani. Dopo cinque anni capii che in Friuli avevo preso e avevo dato, e avevo bisogno di altre esperienze, avrei voluto andare all’estero, Francia, Australia, grazie a Castino c’erano già i contatti. Poi invece arrivò l’offerta del conte De Castris che accettai con piacere, sia per l’importanza dell’azienda sia perché l’idea di ritornare in Salento mettendo a frutto l’esperienza fatta mi sembrava un’ottima opportunità. Passare dal mare di vini bianchi del Collio al mare di negroamaro e di rosato del Salento è stato impegnativo, ma pensandoci bene non tanto per la diversità del territorio, dei vitigni, delle tipologie di vinificazione – che essendo salentino, conoscevo – ma soprattutto per la mancanza di un archivio con le note di vendemmia e di laboratorio. Ho diretto la Cantina dal 2000 fino a tutto il 2007, facendo un intenso lavoro organizzativo e di progettazione, selezione e documentazione a partire dai vigneti. Permettimi una divagazione, credo che in merito a progettualità, zonazione, ricerca e raccolta dati il discorso andrebbe fatto – tranne in poche zone del Piemonte, della Toscana e in qualche altra piccola realtà privata – a livello generale in Italia, con un piano organico e rigoroso, con la necessità di riconoscere lo svantaggio che abbiamo con la Francia in merito a studi dei terreni e dei cru e della loro interrelazione con le varietà di uva, dello studio e della selezione dei biotipi e dei cloni. Un lavoro da fare non solo a parole ma con la ricerca, la pratica e con una volontà progettuale che sappia guardare lontano.

Dopo varie affermazioni e una serie di ambiti riconoscimenti, tra cui tre o quattro Tre Bicchieri, il rapporto con De Castris si è chiuso in maniera consenziente e sereno da entrambe le parti, c’era la necessità di cambiare per avere nuovi stimoli e non fossilizzarsi.

Quando è iniziata la collaborazione con la Tenuta Partemio?

Nel 2008, quando Giuseppe Dimastrodonato mi ha offerto questa possibilità, avevo qualche consulenza in varie regioni italiane, con aziende che continuo a seguire, ma la proposta era interessante e accettai ben sapendo che sarei rimasto un po’ in secondo piano vista la presenza di Franco Bernabei, uno dei massimi enologi italiani. Con Bernabei c’è uno scambio positivo anche se poi l’ultima parola sulle scelte cruciali spetta a lui. In questo caso sono un più un uomo d’azione, o meglio, so che il mio pensiero a un certo punto si deve fermare al confronto con Bernabei.

Perché hai ritenuto da subito l’azienda come una realtà interessante?

Devo dire che certe caratteristiche negative di molte realtà vitivinicole del Sud non le ho trovate alla Tenuta Partemio, soprattutto grazie al lavoro qualitativo di progettazione fatto una decina di anni fa. È ora interessante verificare anno dopo anno cosa ci dà quel vigneto, per quale vino sono più adatte le uve che produce, eccetera. È la zonazione che si prolunga nel tempo, che implementa i dati, che verifica il rapporto simbiotico tra terreno ed età della vite, un sapere che solo il tempo e il rigore di registrazione dei dati può dare. C’è la necessità di una cantina che stia al passo delle potenzialità dei vini, anche in questo settore l’azienda con i tempi necessari sta prendendo le misure adeguate. È un’azienda che ha creduto e crede molto alla viticoltura, penso alla Tenuta Partemio come a una Ferrari con delle prove già ottime e con potenzialità sbalorditive, su cui ci si deve lavorare per metterla a punto al meglio.

Al Vinitaly – Verona 7-11 aprile – l’azienda Tenuta Partemio è al Padiglione 7, Stand A9.

TENUTA PARTEMIO

Contrada Partemio, S.S. 7 BR/TA – 72022 Latiano (Br) – Italy

tel. e fax +39.0831.725898 – info@tenutapartemio.it – www.tenutapartemio.it

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