Il Custoza? Un vino “glocal”.

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Un vino che ha compreso quali sono le chiavi del successo, ovvero perseguire sempre la massima qualità, proponendosi in tutto il mondo con i propri caratteri distintivi. Perché il Custoza è un vino “glocal”, che risponde a un mercato sempre più globale proponendosi in tutto il mondo con le proprie “differenze”, con la voglia lasciare ad altri l’inseguire un gusto o attese troppo spesso omologate. E’ questo il messaggio più forte emerso dal convegno “Il Custoza e il territorio”, svoltosi domenica 10 settembre 2006 e organizzato dal Consorzio di tutela vino bianco di Custoza, in collaborazione con la Proloco di Custoza e il Comune di Sommacampagna. Un messaggio che non è la solita dichiarazione di intenti, ma qualcosa di più: sottolineare il proprio carattere, lavorare per la qualità, esprimere un territorio sono alcune delle possibilità che la zonazione offre. E il convegno ha proprio sottolineato l’importanza di questo mix, la necessità di comprendere ciò che oggi il mercato premia per poter rispondere con un prodotto coerente, capace – fra l’altro – di intercettare il crescente consumo femminile e la sempre più concreta attenzione dei giovani. E puntando sulla “maturità”, visto che il consumatore, oggi più attento e preparato che mai, comincia a ricercare questa caratteristica non solo nei vini rossi.

Sono solo alcuni dei temi e degli spunti di riflessione emersi dal convegno di Custoza, aperto dal saluto di Giovanni Fagiuoli, presidente del Consorzio di tutela vino bianco di Custoza, che ha subito parlato dell’ottimo andamento del millesimo 2006 e delle continue affermazioni del Custoza, “… frutto del lavoro di squadra, coordinato dal Consorzio di tutela, che vede i viticoltori sempre più attenti a ottenere la migliore uva possibile e le cantine pronte a investire in uomini e tecnica per farne ottimi vini. Una collaborazione che ha decretato il successo del Custoza in tutto il mondo”.

Graziella Manzato, sindaco di Sommacampagna, non ha avuto esitazioni nell’affermare il fondamentale ruolo del Custoza nella economia del territorio. “Vino e territorio sono due valori nei quali crediamo fermamente e che oggi non sono più un patrimonio solo dei nostri cittadini, ma di tutti coloro che vivono la nostra terra racchiusa in un bicchiere, in qualsiasi parte del mondo si trovino”, un messaggio sottoscritto da Elio Franchini, presidente della Proloco di Custoza, che ha ribadito il grande valore che la promozione di una realtà come Custoza può generare.

Damiano Berzacola, rappresentante del settore agricolo nella giunta della Camera di commercio di Verona, ha confermato che il vino negli ultimi anni è diventato la prima voce dell’export veronese, con un valore che supera i 500 milioni di euro. Un risultato reso possibile dalle tante produzioni di pregio, risultato dell’incontro fra terra e imprese, incontro che ha generato una grande qualità di cui il Custoza è una dimostrazione concreta, capace di mantenere un trend costante di crescita anche in periodi difficili per il vino bianco.

Dionisio Brunelli, assessore all’Agricoltura della Provincia di Verona, non ha avuto esitazioni nell’affermare la bontà del millesimo, aggiungendo che da parte loro gli enti pubblici devono lavorare ancora più intensamente attorno a progetti “… che trasmettano ovunque chi siamo, la qualità di ciò che produciamo, la terra dove viviamo”.

Dopo i saluti ha preso la parola Alessandro Amadori, direttore di ricerca dell’Istituto Cirm, che ha approfondito le dinamiche più evidenti nel consumo di vino. Dopo aver tratteggiato la produzione mondiale e l’invidiabile ruolo dell’Italia, seconda solo alla Francia per quantità, Amadori ha richiamato l’attenzione su come il calo generalizzato della produzione in Europa corrisponda a un concreto aumento della qualità, un fattore che risponde alle attese di un consumatore più evoluto, che preferisce “vini fermi” (il 96 per cento del totale delle bottiglie bevute) e che è comunque il motore di una crescita della produzione complessiva mondiale. Nel periodo fra il 2005 e il 2008, infatti, il “prodotto vino” aumenterà del 6 per cento, fino ad arrivare a una produzione mondiale pari a 32 miliardi di bottiglie, per far fronte a un consumo “planetario” che nell’ultimo decennio è cresciuto del 24 per cento in valore. A dimostrazione che la qualità paga, tanto è vero che nei prossimi anni, secondo i dati proposti da Amadori, le bottiglie che costano più di 5 euro avranno un sempre maggior successo. Amadori ha poi proposto ai presenti una serie di considerazioni legate ai diversi mercati nazionali: nel 2008 Scandinavia e Russia berranno più vino fermo della Spagna e la Francia non sarà più leader dei consumi (da 64,3 litri pro-capite del 2003 ai 58 del 2008), superata dall’Italia, con un consumo attorno ai 60 litri all’anno.

Crescerà il consumo anche in Usa (13 litri) e nel Regno Unito (28 litri), ma tutti questi cambiamenti non intaccheranno il primato per le esportazioni di Italia e Francia, che pur vedranno una contrazione dei volumi a cui farà da contraltare la crescita, anche molto significativa, di Argentina, Sud Africa, Australia e Portogallo. Cresce la domanda di vini rossi di prezzo elevato (“premium price”) e il consumo pro-capite di spumante, specialmente fra i più giovani. Ma un punto della relazione del direttore di ricerca del Cirm è parso particolarmente interessante, ovvero le sue annotazioni a proposito “… dell’aumento della competizione fra i grandi produttori internazionali e i prandi produttori regionali, in una situazione che potremmo definire di “conflitto glocale”: all’offerta dei giganti della produzione vitivinicola paiono infatti potersi opporre con succeso realtà che sanno sottolineare la propria appartenenza a una determinata regione, capaci di creare forme di collaborazioni e di partneship, marchi regionali che permettano di governare gli strumenti necessari per avere una efficace presenza in mercati necessariamente sempre più vasti”.

Non sono mancati alcuni “consigli pratici”: se le tendenze principali sembrano essere ben delineate (ricerca di vini più “maturi”, attenzione alla qualità, crescita del consumo femminile) è necessario “… progettare un vino bianco lungimirante, un vino impeccabile al momento dell’acquisto e ottimo più avanti nel tempo, che sappia mantenere la sua identità e farsi comunque riconoscere”. Perché il mercato sta iniziando ad apprezzare anche il vino bianco più maturo, un tema nuovo nel marketing, tutto da interpretare… L’agronomo e consulente vinicolo Enzo Corazzina ha chiuso l’incontro con il suo intervento intitolato “Zonazione: strumento di conoscenza del territorio”, riportando al centro del discorso le origini del vino, la terra e le pratiche da cui il vino nasce. Parlando in modo approfondito di uno strumento, la zonazione, che permette di raccogliere una grande mole di dati dai quali trarre indicazioni per la migliore gestione dei vigneti in una determinata porzione di territorio.

Corazzina ha annunciato l’inizio dei lavori di zonazione delle terre del Custoza, lavori che dureranno altri tre anni per conoscere nei minimi particolari questa parte dell’anfiteatro morenico del Garda “… dove la vite conta una presenza millenaria e si guadagna sempre nuovi spazi, scalzando altre colture e giovandosi di terreni ricchi di scheletro, permeabili, con vigneti molto bene impostati, segno di una viticoltura che vuole sempre migliorare e per questo sceglie giaciture nei versanti collinari più assolati, vocati”. Un territorio ideale per dare alla luce ottimi vini, grazie anche ai benefici che verranno dai risultati degli studi per la zonazione, ricerca multidisciplinare che coinvolge la geologia, la pedologia, la climatologia, l’agronomia, l’enologia, la statistica. Per un unico scopo: individuare aree omogenee all’interno del territorio, così da creare delle tipologie di vino, dei cru che abbiano alcune caratteristiche in comune a livello organolettico, aromatico e sensoriale, estremamente caratterizzate e caratterizzanti.

Nel Veronese sono stati già portati avanti studi di questo genere, iniziative che hanno permesso di creare delle unità vocazionali, areali omogenei descritti da veri e propri “manuali d’uso del territorio” grazie ai quali è possibile sapere quali viti, quali portainnesti è meglio utilizzare, quali operazioni è bene fare e quali errori si possono evitare. Per il Custoza, ha spiegato Corazzina, si lavorerà principalmente su Garganega, Trebbiano toscano e Cortese, i tre vitigni che partecipano all’uvaggio con la maggiore percentuale. Sono stati selezionati 30 vigneti in 22 aziende che sono e saranno attentamente monitorati per capire, in estrema sintesi, che tipo di vino può nascere da un territorio con determinate caratteristiche nel quale è stato impiantato un vigneto che viene gestito secondo precise norme.

“Un lavoro – ha concluso Corazzina – che è strettamente connesso a ciò che il territorio è, offre e rappresenta. Una impostazione scientifica che indubbiamente contribuirà a una nuova viticoltura per il Custoza, rafforzando le scelte di quanti hanno già fatto enormi passi avanti rispetto al passato, impiantando nuovi vigneti impostati secondo principi più moderni e rigorosi”.

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