Primi risultati della zonazione dell’area DOC Piave.

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L’Enoteca Regionale di Conegliano ha ospitato, lunedì 11 febbraio,il convegno “La conoscenza per la qualità, la zonazione dell’area DOC Piave”, indetto da Veneto Agricoltura e dal Consorzio Tutela Vini del Piave per mettere a fuoco obiettivi raggiunti e raggiungibili ad un anno dall’inizio della zonazione della Doc Piave, avviata nel 2007 dal suddetto Consorzio grazie al determinante sostegno di Veneto Agricoltura. Lo stato di avanzamento dei lavori di zonazione sono stati illustrati da Diego Tomasi – ricercatore dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano che sta concretamente seguendo il progetto – mentre Stefano Soligo (del Centro Regionale per la Viticoltura, l’Enologia e la Grappa di Veneto Agricoltura), ha presentato i risultati delle prime microvinificazioni di uve Pinot Grigio, Chardonnay e Carmenere provenienti da aree diverse della zona Piave.

E sono risultati davvero interessanti per il futuro ma anche confortanti per il presente, quelli che Diego Tomasi ha esposto come di seguito sinteticamente elencato. Tomasi ha infatti spiegato che in questo primo anno di lavori sono state individuate all’interno della vasta area della Doc Piave 10 sottozone omogenee per clima e suolo, portanto l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano – per il quale egli dirige la ricerca – ad individuare 130 vigneti che saranno monitorati fino al 2010 (la zonazione avrà, infatti, durata quadriennale). E’ quindi iniziato lo studio sia dell’interazione tra vitigno e ambiente, sia delle varietà e delle forme d’allevamento adottate nell’area, sia della valorizzazione degli autoctoni (Manzoni Bianco, Verduzzo Trevigiano e Raboso Piave): tre temi il cui studio ha già permesso di acquisire importanti informazioni. Interessanti, infatti, le informazioni sul rapporto suolo/vitigno, che ha evidenziato come il vitigno Merlot prediliga i suoi pesanti (argilla), mentre il Raboso e il Carmenere trovano un felice habitat in terreni più sciolti e sassosi. Altre rilevazioni permettono di presupporre che il terreno calcareo possa esaltare le note aromatiche, come riscontrato soprattutto nel Manzoni (ma saranno le statistiche collezionate negli anni futuri a sancire la validità di questa ipotesi).

I rapporti tra quantità di uva prodotta (rese per ettaro) e i valori assoluti dei vini ottenuti nelle diverse forme di allevamento dei vigneti, confermano l’idoneità delle  scelte compiute negli ultimi anni nelle forme d’allevamento dei vigneti, come l’abbandono delle “Bellussere” che hanno “fatto” la storia della viticoltura del Piave con le loro grandi rese e l’adozione sempre più diffusa dei sistemi Sylvoz e Guyot e del moderno sistema a doppia cortina (GDC). Per ottenere i migliori risultati in un’area così vasta ed eterogenea, ha sottolineato Tomasi, sarà poi indispensabile stare molto attenti all’individuazione del periodo più opportuno per la vendemmia, che andrà effettuata senza avere fretta perché l’ottimale maturazione delle uve renderà esponenzialmente migliore il vino da esse ottenuto. Ma quello che secondo Tomasi è stato il dato più importante rilevato, è sicuramente la diffusione di alte professionalità e di moderne imprenditorialità nell’area Doc Piave. Entrare nei vigneti e nelle aziende della Doc Piave gli ha permesso infatti di conoscere realtà aziendali che ha definito sorprendenti, in cui la passione per il territorio si sposa perfettamente con le più moderne e funzionali tecniche di campagna e di cantina.

Pierclaudio De Martin, presidente del Consorzio Tutela Vini del Piave, ha sottolineato come “I vignaioli del Piave si sono sempre dimostrati molto attenti e ricettivi nei confronti di questo progetto che sta fornendo loro utili informazioni circa la gestione agronomica dei vigneti e  che sta anche proponendo razionali piani di coltivazione, a tutto vantaggio dell’intera filiera e della valorizzazione del prodotto. Ma uno studio, si sa, è solo una teoria, se non ci sono uomini che gli offrono delle gambe per farlo camminare sul terreno della pratica. E dopo aver visto “finire nei cassetti” di tanti accademici molti studi elaboratissimi ed altrettanto costosi, non nascondo di essere stato – da principio – molto scettico verso la Zonazione che è un’operazione molto costosa e finanziata dalla Regione Veneto al 70%. Da presidente avevo paura ad investire quell’ingente 30% in uno studio che sospettavo potesse rivelarsi infruttifero. Ma dopo i primi risultati e dopo aver constatato che i nostri produttori stanno mettendo a disposizione della zonazione sia le energie sia il coraggio per adottare le soluzioni migliori che lo studio sta suggerendo, penso di poter stare sereno sull’utilità di questa operazione. Occorrerà qualche anno, prima di notare risultati significativi, ma intanto l’area Piave – che si connota per il grande frazionamento agrario delle sue colture – si sta dimostrando una squadra sempre più coesa e determinata a ragionare e a lavorare insieme per coordinare progetti di reale sviluppo”.

La zonazione dell’area Doc Piave è quindi percepita dai produttori del Piave come una grande opportunità non solo per l’ambito prettamente vitivinicolo che sta principalmente studiando, ma per l’intero “sistema territorio”, che i produttori stessi si stanno impegnano a perfezionare anche attraverso la grande vitalità impressa alla Strada dei Vini del Piave. Come ha sottolineato ancora De Martin: “Oltre ad essere impegnato a proseguire l’approfondita analisi delle caratteristiche podologiche e bioclimatiche degli agro-sistemi viticoli della Doc, il Consorzio Tutela Vini del Piave è anche consapevole che la zonazione non è solo uno strumento tecnico, bensì un progetto che può essere utilmente declinato a favore della valorizzazione delle peculiarità del nostro territorio, quindi fondamentale per l’intero comprensorio. Per non rendere fine a se stessa questa importante esperienza e per capitalizzarla, quindi, a favore dell’intera area Piave, stiamo anche cercando di coinvolgere in modo trasversale tutti i diversi protagonisti della stessa attraverso una sempre maggior divulgazione della zonazione e dei suoi risultati”. “Per questo – ha annunciato il presidente –  il nostro Consorzio è fortemente motivato ad ampliare e ad approfondire le attività di comunicazione degli esiti acquisiti e degli sviluppi futuri che la zonazione potrà avere. Attività che potrà da un lato promuovere un sempre maggior senso di partecipazione e di condivisione al lavoro in svolgimento e dall’altro garantire allo stesso continuità anche dopo la conclusione del progetto, affinché la zonazione diventi una sorta di “forum” aperto sul territorio, in grado di aggiornarsi continuamente e di fornire nuovi stimoli alla gestione dell’area in senso lato”.

Gli ha fatto eco Corrado Callegari, Amministrazione di Veneto Agricoltura, sostenendo che “Veneto Agricoltura e la Regione Veneto si sono molto impegnate, in questi ultimi anni, con risorse economiche e uomini per promuovere e sostenere i progetti di zonazione viticola, convinto che sia uno dei migliori strumenti per valorizzare ed alzare la qualità della viticoltura veneta e quindi renderla sempre più competitiva sui mercati, soprattutto esteri. Questo sforzo deve trovare convinti soprattutto i produttori vitivinicoli delle aree coinvolte nei progetti. Perché sono loro, insieme alle loro organizzazioni, che sono lo strumento operativo dell’applicazione della zonazione nel territorio. Sono solo loro che possono trasformare dei dati sperimentali in efficaci scelte aziendali”.

Al convegno, che havisto tra il pubblico numerose Autorità – tra le quali il vicepresidente della Provincia di Treviso Floriano Zambon e l’Assessore Provinciale all’Agricoltura Marco Prosdocimo – ha partecipato anche il Vice Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, che poco più di un anno fa ha annunciato l’avvio di questo importante ed articolato studio nell’area Doc Piave. Secondo Zaia “La zonazione è certamente la più avanzata attività di miglioramento e valorizzazione della aree vitate, il più significativo biglietto da visita per un territorio enologico. Ma è anche un vero e proprio atto di coraggio da parte dei produttori, capaci di mettersi in discussione per seguire le linee dettate da questo studio, volto ad ottimizzare l’enologia di ogni specifico territorio. Credo fortemente, poi, che la zonazione sia il vero futuro del vino: è stata alla base di successo di molti vini ed aree vitate francesi, italiane ed internazionali ed anche la Doc Piave ha già tratto alcuni significative indicazioni per la valorizzazione dei suoi vini e del suo territorio. Perché la zonazione coinvolge a 360° l’intera area, non solo l’aspetto vitivinicolo: si tratta di valorizzare Storia e paesaggi, arte e valori umani, tipicità e qualità a tuttotondo, insomma”. Il suo intervento, in giornate fitte di dichiarazioni e di eventi sul tema della Riserva del Nome per il Prosecco, ha avviato un vivace dibattito tra i relatori e la sala, nella quale era presente anche Giancarlo Vettorello, direttore del Consorzio Tutela del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene Doc.

Il convegno si è concluso portando nuovamente la discussione sui vini Piave Doc con l’illustrazione dei risultati delle prime microvinificazioni provenienti dalle diverse aree zonate: è stato Stefano Soligo, del Centro Regionale per la Viticoltura, l’Enologia e la Grappa di Veneto Agricoltura ad introdurre teoricamente alla degustazione dei primi vini realizzati con il monitoraggio continuo degli studi di zonazione. E se è ancora troppo presto per valutare i forti sentori erbacei dei Carmenere, la fragranze di Pinot Grigio e Manzoni Bianco si sono fatte sentire ed apprezzare dal numeroso pubblico presente.

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